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I giornali e la rivoluzione digitale

La rivoluzione digitale non deve far paura agli editori e ai giornalisti perché ci sono temi e settori dove il lettore può pagare  per avere un certo tipo di notizie e di informazioni. Cioè per avere un servizio differenziato, come avviene da anni per i canali televisivi. L’importante è che i prezzi siano molto bassi. Oggi l’abbonamento o la lettura quotidiana  di un giornale costa mezzo stipendio. Ma con il digitale il costo può essere molto, molto più basso, e la platea degli abbonati può moltiplicarsi.
Questo dice in sintesi Cennamo (Editoriale Domus), intervistato ieri per il quotidiano economico ItaliaOggi da Giuseppe Trigoria.

Scrive Trigoria: “Secondo Cennamo, che conosce bene le problematiche del digitale avendole vissute in Bmg Ricordi con tutto il caos da pirateria e da crollo dei vecchi modelli di business dell’industria discografica, nell’editoria ci sono dei settori verticali dove l’utente può essere interessato a pagare anche sul web per avere quelle informazioni. L’importante è che le tariffe, i prezzi siano molto bassi. L’accesso ai contenuti generalisti deve essere gratuito. Si paga, invece, solo dove si riconosce la componente di servizio. Il consumatore è disposto a pagare, ma molto poco, «diciamo 10-20 euro all’anno. E fornisco informazioni su misura che non si troverebbero da altre parti“. […]

“Tanto per fare un semplice parallelo, nel 1992, ovvero appena 20 anni fa, nessuno si sarebbe mai immaginato di dover pagare per vedere le partite di Coppa dei campioni o dei Mondiali di calcio in tv. Tutto era gratis, ed era normale così. Poi sappiamo quello che è successo. E al momento, in Italia, ci sono circa otto milioni di famiglie che pagano abbonamenti (oltre al canone Rai) da centinaia di euro all’anno per guardarsi film, telefilm, sport, programmi alla X-Factor”.

“Insomma, è accettato, e del tutto normale, che ora il consumatore metta mano al portafogli per godersi, a casa, contenuti considerati pregiati. La stessa cosa accadrà sul web con la cosiddetta rivoluzione digitale. Ora è tutto gratis, ma non sarà per sempre così.
Gli editori difficilmente potranno chiedere pagamenti per contenuti generalisti (chi può avere voglia di pagare per leggere una intervista a Matteo Renzi o a Isabella Ferrari?). Per contenuti specializzati, invece, sarà più facile trovare un target verticale cui rivolgersi, e disposto a versare euro nelle casse degli editori”. […]

Per Cennamo, quindi, «le politiche di prezzo degli editori devono prendere esempio dal mondo delle app: molte sono gratuite, molte costano poco, magari 0,79 cent. Poi, magari, le persone ne comprano dieci, venti, spendono somme considerevoli, ma l’approccio al microconsumo è diverso. Quanto al mestiere di editore, gli advisor stanno spopolando nel mondo. Negli Usa, per esempio, la gente fa quasi tutto seguendo gli advisor (tipo Yelp, ndr). Dal ristorante al medico o alla automobile si cerca la reputazione in rete. E in rete, quindi, bisogna costruirsela».

A.c. Giuseppe Trigoria

Tratto da “L’editoria specializzata vince sul web: i lettori pronti a pagare prezzi equi “, di Claudio Plazzotta, ItaliaOggi del 24/11/2012.

La redazione di FirstMaster

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