Secondo Greco, in caso di sospetta violazione di copyright, potrebbero decidere algoritmi automatici più stringenti (su YouTube, per esempio), o l’Agcom, direttamente su gli Internet provider, senza sottilizzare tra pirateria e forme lecite.
Insomma, senza i tempi e i modi di un contraddittorio, come se tutto il web italiano fosse un mercato nero.
Insomma, senza i tempi e i modi di un contraddittorio, come se tutto il web italiano fosse un mercato nero.
Invece, «bisogna piuttosto entrare nell’ordine di idee che internet è, per il cittadino del nuovo millennio, una realtà concreta a tutti gli effetti. Navigare tra i siti è come passeggiare su una strada pubblica. Scrivere un commento su un forum è come parlare in una piazza. Impedire che ciò avvenga significa ledere dei diritti costituzionali. Pertanto solo un giudice – e non una giustizia privata – può stabilire, in contraddittorio tra le parti, se è stato commesso un illecito.
Diversamente ragionando, si arriva al paradosso giuridico di travalicare un diritto personale in ragione di uno a carattere economico, per quanto il primo riceva, da qualsiasi carta costituzionale, un peso maggiore».
«Bisogna piuttosto chiedersi se, alla luce dell’ineliminabilità del fenomeno della pirateria, non sia invece il caso di rivedere a monte la disciplina sostanziale di questo dinosauro giuridico che il nostro tempo ancora si porta dietro».
Vai all’articolo dell’avvocato Angelo Greco, su i-dome (12 gennaio 2011).
Luca Cortesi
un “dinosauro giudirico”!
ripeto: in Francia danno i soldi e hanno una banda che neanche fastweb, in Italia… il contrario