Roma, 26/02/2011 – E’ da poco in libreria “La fabbrica dell’obbedienza. Il lato oscuro e complice degli italiani” di Ermanno Rea, noto scrittore e giornalista. Il testo si sviluppa tra analisi e ricerca delle cause storiche del conformismo e del servilismo di una parte degli italiani, giornalisti in primis e della tolleranza dell’altra.
Feltrinelli, così presenta il libro: «Servili, bugiardi, fragili, opportunisti: il mondo continua a osservarci stupito e a chiedersi donde provengano negli italiani tante riprovevoli inclinazioni, tanta superficialità etica e tanta mancanza di senso di responsabilità.
Colpa delle stelle? Del clima? Della natura beffarda che ci avrebbe fatti così per puro capriccio? In questo suo nuovo libro, sciolto e affabulatorio nella forma quanto ruvido e penetrante nella sostanza, Ermanno Rea ci guida alla ricerca delle origini stesse della “malattia”, del suo primo zampillare all’ombra di quel Sant’Uffizio che nel cuore del secolo XVI trasformò il cittadino consapevole appena abbozzato dall’Umanesimo in suddito perennemente consenziente nei confronti di santa romana Chiesa.
Dopo oltre quattro secoli, la “fabbrica dell’obbedienza” continua a produrre la sua merce pregiata: consenso illimitato verso ogni forma di potere. L’italiano si confessa per poter continuare a peccare; si fa complice anche quando finge di non esserlo; coltiva catastrofismo e smemorante cinismo con eguale determinazione. Dall’Ottocento unitario al fascismo, dal dopoguerra democristiano alla stessa dinamica del compromesso storico, fino alla maestosa festa mediatica del berlusconismo, “Mario Rossi” ha indossato la stessa maschera del Girella ossequioso.
Saggio, pamphlet, invettiva, manifesto: un libro di straordinaria lucidità e saggezza, una riflessione che diventa sbrigliata ricognizione storica, atto di accusa, istigazione al pensiero».
Ecco un estratto da La fabbrica dell’obbedienza, dal sito della Feltrinelli.
[…] E dire che a inventare il cittadino responsabile siamo stati noi italiani!
Accadde molti secoli fa, tra il Trecento e il Cinquecento, con l’Umanesimo e il Rinascimento. Fu una lunga stagione di gloria che durò non meno di centocinquant’anni; poi, lentamente, furono spente tutte le luci che erano state accese e, tra roghi e altre forme di violenta repressione, la Controriforma espulse dall’Italia quell’homo novus appena plasmato sostituendolo con un suddito deresponsabilizzato, vera e propria maschera della sottomissione e della rinuncia a ogni forma di autonomia di pensiero.
Siamo condannati a restare per l’eternità figli della Controriforma? La domanda che inquieta è soprattutto questa. La pose con forza, anche se forse non per primo, Bertrando Spaventa: di qui la mia appassionata attenzione a questo ormai dimenticato filosofo. In ogni caso, l’esperienza dell’Inquisizione (ma quando mai è finita?) ha segnato, anzi manipolato, in profondità il nostro carattere, il che a me pare non soltanto un’innegabile mostruosità ma anche una di quelle spine di cui nessuno ama parlare: il silenzio come cancellazione del peccato. Parliamone, invece. Subito. Se è vero, come è vero, che sono soprattutto la storia e le istituzioni a forgiare un popolo, credo allora che sia nostro dovere interrogare prima di tutto il nostro vissuto. Come fa appunto Spaventa domandandosi chi fossero gli italiani prima della Controriforma. […]
La Controriforma trovò nel popolo italiano un materiale umano nient’affatto malleabile, anzi di grana dura e speciale, come sta a dimostrare la vicenda di Giordano Bruno che muore sul rogo convinto che la libertà di giudizio è tutto e senza libertà di giudizio la vita non è più un bene, non vale nulla, meglio non viverla affatto.
Che splendido esempio di coraggio e di fermezza d’animo, si entusiasma Bertrando Spaventa. Ma purtroppo, soggiunge, non sono gli eroi a tessere il filo della storia. È la potenza dei muscoli.
Così accadde che gli italiani furono costretti a vivere l’esperienza di una sottomissione di cui continuano a pagare le conseguenze attraverso quel divieto di pensare in proprio, che si trasformerà ben presto in conformismo coatto e cortigianeria.Che cosa fu infatti la Controriforma se non l’obbligo ad affidarsi ciecamente alla parola dei papi e delle gerarchie della Chiesa, unica titolata a pronunciare sentenze di merito, e non soltanto nel campo etico e in quello dei comportamenti quotidiani, ma persino in quello scientifico? […]
La fabbrica dell’obbedienza. Il lato oscuro e complice degli italiani.
Ermanno Rea, Feltrinelli, 2011.
Edizione stampata: 16 euro (compresa Iva al 4%).
Edizione digitale: 11,99 (costo eccessivo, anche se è compresa Iva al 20%)
Recensione a cura di Anna Rubino & staff di Comunicazione
Mah! Onestamente mi sembra che questo scritto faccia parte del solito vizio italiano di parlare male di sé stessi. L’autore dà tutte le colpe dei pretesi difetti nostri alla Chiesa cattolica. E a chi altri. Però se avesse letto qualche breve saggio sulla storia della inquisizione, qui massima imputata, saprebbe che la famosa terribile Inquisizione spagnola secondo le fonti più ottimiste ha processato 1900 donne, ne ha condannate 11 ed ha eseguito 1 sola sentenza, secondo altre ne ha ccondanante di più ma ha eseguito AL MASSIMO 39 sentenze IN VARI SECOLI (l’inquisizione spagnola se nonì sbaglio è finita nel 1812),
L’inquisizione veneta era nota per essere molto morbida, e quella romana sembra lo fosse ancora di più. Traì l’altro l’inquisizione fu creata ANCHE per arginare la violenza del potere laico. NON SOLO: Mentre l’inquisizione del sud d’Europa cattolico eracome ho descritto sopra o un po’ peggio, nella prottestante Europa del nord le donne condanante e bruciate furono dalle 40.000 alle centomila.
Galilei, fu sì condannato (cosa grave), ma A) lo fu non per le teorie scientifiche, ma per le conseguenze religiose che ne traeva (la bibbia è sbagliata, Giosué non fermò il sole che è già fermo), e B) fu condanna quasi formale. Comunque, accettiamo la descrizione degli italiani e le colpe della Chiesa (che ne ha e non poche), ma vogliamo pensare che il dominio secolare di normanni austriaci francesi spagnoli ecc ecc qualche danno lo abbia fatto?
Milioni no, ma neanche decine. Erano tempi in cui la vita valeva poco per tutti. Non era sacra come s’intenderebbe oggi (a parte gli incidenti stradali).
La fatalità con la quale oggi consideriamo il rischio e la morte stradale, a quei tempi lo era per malattia, per fame, per guerra e per piccolo crimine. Quindi la percezione della tortura e dell’esecuzione non doveva essere un fatto straordinario.
Mi sembra ragionevole pensare a migliaia di casi perché localmente ogni potente potesse intimidire e terrorizzare il popolo con torture ed esecuzioni, non episodiche.
Ho dato uno sguardo a Wikipedia: “Molti studiosi hanno affrontato l’argomento e hanno discusso, nel tentativo di determinare delle stime accettabili e condivise sul numero delle vittime della caccia alle “streghe” durante i due secoli in cui sia i tribunali dell’Inquisizione che quelli della Riforma le condussero al rogo. Le cifre che si ipotizzano in ordine alle vittime della persecuzione vanno considerate come ordini di grandezza e spesso sono oggettivamente influenzate dalle opinioni e dalle collocazioni culturali degli autori che le hanno determinate: le ipotesi minime parlano di circa 110.000 processi e 60.000 esecuzioni, mentre a risultati notevolmente inferiori si collocano pochi autori (per misurare l’incidenza del numero delle vittime bisognerebbe poi raffrontarla con la popolazione europea di quei tempi). Le vittime furono per l’80% donne.”
Scusate se sono off topic.
Torno in topic: il servilismo si spiega con la convenienza e con la carriera. Cose molto concrete. In RAI c’è gente che è passata dalla manutenzione delle fotocopiatrici a carriera dirigenziale, proprio perchè totalmernte dipendente dal “benefattore” di turno.
La questione socio-culturale-storica di cui parla Rea nel libro forse riguarda non tanto giornalisti, docenti e amministratori, ma lettori, studenti e amministrati.
Insomma, più NOI maggioranza silenziosa che LORO.