Ieri l’Huffington Post Media Group ha siglato una joint venture al 50% con il Gruppo Editoriale Espresso, dopo una trattativa infruttifera con la Rizzoli. Da oggi si lavora ufficialmente per riprodurre la formula “redazione professionale più blogger” in Italia.
La formula dell’Huffington Post
La formula dell’Huffington Post che ha avuto successo negli Usa viene replicata anche in Europa. Una formula che vede firme prestigiose che scrivono gratuitamente (frutto di relazioni personali), unite ad una piccola redazione di professionisti e migliaia di collaboratori non pagati.
La fondatrice, Arianna Huffington (giornalista, ex moglie del repubblicano Michael Huffington), ha messo a frutto le sue relazioni altolocate, qualificando in breve tempo il suo blog e facendone una testata qualificante per free-lance, giovani giornalisti e blogger.
Non solo giornalisti importanti, ma anche personalità famose, come Barack Obama, Hillary Clinton, Michael Moore, Madonna e molti altri hanno scritto gratuitamente su invito dell’Huffington Post.
Così Arianna Huffington è diventata una delle donne più potenti dei media, secondo le classifiche di Forbes e dell’Indipendent.
Non solo, ha anche incassato 315 milioni passando la proprietà (ma non la direzione) dell’Huffington Post al grupo AOL, America On line.
Huffington Post in Italia
Intanto, tra pochi giorni (il 23 gennaio), apre l’edizione francese, supportata dal gruppo Le Monde e diretta da Anne Sinclair, moglie di Dominique Strauss-Kahn (“Strauss-Kahn’s wife to edit French Huffington Post“).
Ora c’è molta curiosità per vedere chi sarà chiamata alla direzione dell’Huffington Post Italia. Quale donna vicina al potere politico sarà in grado di replicare la strategia di Arianna Huffington in Italia. Una come Barbara Palombelli, la giornalista moglie di Rutelli, o come Azzurra Caltagirone, che non è giornalista ma è moglie di Casini e ha un padre miliardario editore che…
Vedremo presto.
Giorgio Fioravanti & staff
Link
– Il sorpasso…di Huffington Post sul New York Times.
– Wikipedia Italia: Huffington Post
Completo la mappa delle edizioni: The Huffington Post UK e The Huffington Post Canada sono stati lanciati nel 2011. L’Huffington Post francese sarà lanciato lunedì prossimo, l’Huffington Post Quebec in febbraio e l’Huffington Post spagnolo a marzo.
L’Huffington Post a fine 2011 ha circa 40 milioni di visitatori unici al mese e un fatturato attorno ai 50 milioni di dollari, cui corrisponde ancora un utile modesto (ma gli altri fanno peggio e perdono).
Con l’espansione cerca di consolidarsi con le sinergie internazionali e attingere alla pubblicità delle multinazionali.
Nota tecnica per l’autore: il titolo doveva contenere le keyword “Huffington Post Italia” per intercettare il 90% delle query.
Così sei primo solo con “edizione italiana”, query lunga e meno comoda, infatti è scarsamente digitata. Purtroppo è inutile fare correzioni dopo la pubblicazione.
L’Huffington aveva registrato il dominio huffingtonpost.it già il 21 aprile 2011.
Ecco un aggiornamento da Prima Comunicazione
Agli inizi di ottobre la Arianna Huffington, pragmatica come sanno esserlo i businessmen e le businesswomen americane, aveva preso l’aereo per fare quella che sembrava poco più di una comparsata allo Iab Forum 2011 di Milano, un evento-must della comunicazione digitale. E senza perder tempo e ricamare sulle allusioni aveva espresso forte e chiaro la sua intenzione di sbarcare in Italia con la sua amata creaturina, l’Huffington Post.
Agli squilli di tromba sono subito seguiti i contatti diretti con i più importanti editori. Gli incontri con i vertici di Rcs Media Group non hanno superato i toni della cortesia. Troppi i problemi provocati da una crisi senza eguali per stare a sentire le sirene dell’Huffington Post, hanno replicato freddini i signori di Via Solferino. Un’aria non molto diversa anche al Gruppo L’Espresso, dove il dossier viene studiato con una certa attenzione ma, all’inizio, con poca passione. I dubbi sono molti, la situazione economica generale non permette di fare grandi sogni, però… A quel punto si decide di parlarne direttamente con l’editore Carlo De Benedetti.
È cosa nota che quando si parla di web con l’ingegnere i suoi occhi si fanno appuntiti come due spilli. Tanto che De Benedetti decide di aprire la trattativa con Aol convincendo l’amministratore delegato Monica Mondardini, che si mostra piuttosto riluttante.
De Benedetti da anni è convinto che la Rete e il digitale siano il futuro dell’editoria. Lo ha dimostrato, vero antesignano, quando all’inizio del ’99 decise di investire per sviluppare il portale di Kataweb, nonostante la dura opposizione di Carlo Caracciolo, il grande editore e all’epoca presidente del Gruppo L’Espresso, che considerava Internet una vera “cazzata”.
La divisione digitale del Gruppo L’Espresso, nata nel 2009, concentra uomini e tecnologie per gestire il potente sviluppo delle testate del gruppo su pc, mobile, tablet, net tv e chi più ne ha più ne metta. E nel secondo semestre del 2011 ha realizzato ricavi per 21,3 milioni di euro, in crescita del 23,7% rispetto allo stesso periodo del 2010; un risultato operativo i 5,4 miloni di euro con un redditività del 25,2%; Il 15,5% in più per la raccolta pubblicitaria.
(L’articolo integrale è sul mensile ‘Prima Comunicazione’ n. 424 – gennaio 2012)
Personalmente, noto però che De Benedetti era quello che voleva una tassa sull’ADSL come “equo compenso” per pagare gli editori.