Il grande sviluppo dell’editoria digitale ha creato un forte incremento di web journalist e di professionisti dell’informazione.
Secondo uno studio di Business Insider, dal giugno 2007 si è impennata la domanda di analisti, cronisti e corrispondenti da parte dei mezzi di comunicazione (linea rossa). Mentre a partire dal 2009 c’è stato un calo dell’occupazione nel settore dell’editoria stampata (linea blu).
Lo studio quantifica numericamente ciò che sanno gli addetti ai lavori, e trova reciproca conferma con la ricostruzione storica di George Brock, nel recente “Out of Print. Newspapers, Journalism and the Business of News in the Digital Age“.
Brock scrive che i giornali stampati «non possono beneficiarne, ma la domanda di notizie rimane forte. Quello che è imploso è l’efficacia di un modello di quotidiani di grandi dimensioni e generalisti che richiedono un forte afflusso di pubblicità per poter sostenere il processo informativo. (…) Il giornalismo è fiorente, se si sa dove guardare».
L.P. & staff FM
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Fonti: Business Insider, Lsdi.
Su questo tema, leggi anche: Un’età dell’oro per il giornalismo? Sì, però…
La crisi dei giornali come veicolo d’informazione è iniziata in tutto il mondo con l’arrivo della televisione, ma non per la concorrenza informativa, piuttosto perché ha sottratto pubblicità. Quando tutto andava bene, i giornali stampati andavano in pareggio con le vendite in edicola e guadagnavano solo con la pubblicità
Quando la pubblicità è passata in massa alla televisione, i conti dei giornali sono andati progressivamente sempre più in rosso. In Italia il crack c’è stato con le tv private, all’inizio degli anni ’70.
Oggi Internet, con la pubblicità interattiva, batte la televisione, come la televisione ha battuto i giornali.
Da tutto questo, si capisce che parliamo di economia, non di informazione, di giornalismo e di giornalisti. Altrimenti come spiegare che siamo nella società dell’informazione, ma gli editori tradizionali sono in crisi?
Vorrei documentare con i dati Nielsen quello che ho scritto.
Negli anni scorsi Nielsen segnalava che solo la pubblicità online cresceva, mentre le altre scendevano. Quest’anno tutti gli indicatori sono negativi, ma mentre la stampa perde il 25%, il web regge bene.
Nielsen: gli investimenti nel mercato pubblicitario a luglio 2013 (confronto con lo stesso periodo del 2012)
Cinema -26,5%
Quotidiani -24,1%
Periodici -24,1%
Out of home tv -18,5%
Direct mail -18%
Tv -15%
Radio -12,7%
Transit -10,7%
Outdoor -2,9%
Internet -2,2%
Io penso che nel passaggio carta-web ci sia una bella perdita, perché il giornalismo non è solo “notizia”, ma è anche contorno, e troppo spesso oggi vedo sul web articoli in cui si privilegia la tempistica e quindi manca colore e sapore. Il giornalista della carta stampata lavora oggi per uscire domani, quindi ha modo e tempo di approfondire e di costruire la notizia (se lo sa fare :-)
(X Anna) Ma il “colore e sapore” dei nostri giornali sono proprio il problema nel problema. Pensa ai miliardi di parole inutili per il recupero della Costa Concordia. E questa è stata attualità. Poi pensa agli argomenti seri, alla politica o all’economia e non ti senti annegare anche tu?