Il giornalismo delle organizzazioni sociali e culturali

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Oggi tutti possono trovare pubblico e attenzione, o almeno provarci. In prima linea le organizzazioni che fanno informazione specialistica.

In teoria, è finito il predominio dei grandi editori o delle testate tradizionali e cresce costantemente l’offerta giornalistica di nuovi editori, gruppi di giornalisti e molti altri soggetti che un tempo non avevano la possibilità di pubblicare a mezzo stampa e/o di avere un’audience internazionale.
Cancellati i problemi di stampa e i costi di spedizione, il giornalismo delle organizzazioni sociali e culturali è rinato su Internet, con una nuova capacità di aggregazione.

Il giornalismo delle organizzazioni sociali e culturali

Su questi sviluppi del giornalismo è intervenuto il noto giornalista Usa Dan Gillmor, che ha investito molto della sua vita nella campagna promozionale dei nuovi media e nello sviluppo dell’idea di dare forma ad un nuovo giornalismo tecnologico che possa essere alla portata di tutti, così da assicurarsi un posto certo tra i maggiori iniziatori dello sviluppo dell’informazione dal basso.

Gillmor sottolinea come grandi gruppi come lo Human Rights Watch sono «sempre più impegnati nella produzione di informazione fatta in proprio», e anzi «vanno assai in profondità su temi a cui sono interessati e che è vitale vengano pienamente compresi dai cittadini». Non solo: «questo nuovo giornalismo sta andando più a fondo di chiunque altro su argomenti importanti, di vitale importanza per i cittadini, che i giornalisti tradizionali ignorano o trattano in maniera superficiale».

In particolare, Human Rights Watch ha avviato delle partnership con Upworthy e altre organizzazioni, tra cui ProPublica e Climate Nexus, per un progetto giornalistico finalizzato a incrementare la credibilità pubblica su temi quali diritti umani e cambiamento climatico. Ciò grazie anche alla disponibilità di centinaia di volontari sparsi nel mondo e pronti a raccogliere punti di vista diversi in loco, oltre che alla propria rete di avvocati, esperti e accademici già impegnati su questi temi. Un po’ come avere un esercito di «corrispondenti esteri ciascuno dei quali è un attento conoscitore delle strutture socio-politiche di un certo Paese».
Recensione a cura di Mario Martinelli, dal corso FirstMaster “Le recensioni giornalistiche“.
Leggi tutto: L’esercito dei “quasi giornalisti” del web – Lsdi.

 

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2 Commenti

  1. V. anche “Il giornalismo sociale” Di Mauro Sarti, Carocci Editore.
    “In un angusto anfratto della “bianca” trova posto il racconto della vita più sociale della città: storie di quotidiana emarginazione, inserimento lavorativo delle persone con disabilità, temi legati all’immigrazione, la psichiatria, il carcere, i nomadi e l’integrazione multiculturale. Tutti argomenti che fanno notizia solo se intrecciano gli altri settori della cronaca, ad esempio se lo sgombero dell’accampamento rom avviene con l’uso della forza (cronaca nera), se il centro per disabili viene realizzato grazie al consistente uso di denaro pubblico (economia locale), se la vittima o il protagonista di quel fatto di cronaca nera può rientrare in qualche modo in una categoria patologica (malato psichiatrico, autistico, depresso) oppure ha a che fare con la sua condizione di cittadinanza (immigrato, clandestino, rifugiato ecc.).
    Un lavoro carico di grande responsabilità, tanto più che “sociale” non vuol dire soltanto parlare di disagio ed emarginazione; scrivere di cronaca nera e di “giudiziaria” richiede un atteggiamento non cinico verso la professione, occorre mettere in campo conoscenze e fonti non sempre facilmente reperibili, trovare le parole giuste per raccontare la morte e il dolore, la disperazione e il suicidio, l’odio razziale e la violenza, la guerra, la mafia. Persino le cronache sportive – a tratti – necessitano della stessa accortezza e sensibilità.”