Il giornalismo, secondo Montanelli

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«Il giornalismo si fa per il giornalismo, e per nessun’altra cosa. Questo mestiere è bellissimo. Non conduce a niente ma è bellissimo».

Così Indro Montanelli, nell’ultima lezione di giornalismo da lui tenuta all’Università di Torino, nel 1997. Il testo inedito di quella lezione l’ha pubblicato La Stampa, il 22 aprile, per il centenario della nascita.
Il passaggio più acuto della sua lezione sul giornalismo è quello in cui parla dei lettori e del linguaggio giornalistico.

“Chi di voi vorrà fare questo mestiere, si ricordi di scegliere il proprio padrone, il lettore. Si metta al suo servizio e parli la sua lingua, non quella dell’accademia. Porti la cultura dell’accademia alla comprensione. Badate che questo è stato il più grave dei tradimenti commessi in Italia, e ne sono stati commessi parecchi.
Volete le prove? Prendete un qualsiasi scritto di chiunque dell’Italia del ‘700 e mettetelo a confronto con le pagine dell’enciclopedia francese. Le pagine di Voltaire, di D’Alembert, sono chiare e limpide, tutto si capisce. Nelle altre non si capisce nulla: lingua togata, irreale, del principe. Lingua di cultura al servizio del signore, che poi è diventato partito. E quindi è anche peggiorata, perché era meglio servire un duca o un cardinale che un partito. Era meno ignobile, anche se era ignobile anche quello.
Ricordatevi che la cultura in Italia non si è mai diffusa, quel poco che è stato fatto è stato fatto dal giornalismo. Se volete fare questo mestiere, questo è l’impegno che dovete assolvere. Per farlo non c’è sofferenza che ve ne possa sconsigliare, e questo mestiere è bellissimo. Non conduce a niente ma è bellissimo. Il giornalismo si fa per il giornalismo, e per nessun’altra cosa”.
C.F. 
Fonte: lastampa.it, “Lo scoop, scorciatoia dei somari“, di Indro Montanelli.

Info: Indro Montanelli – Wikipedia.

 

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5 Commenti

  1. A futura memoria, le tre regole di Indro Montanelli.

    1) “Guadagnarsi la fiducia del lettore dicendo sempre tutta la verità e, se ci si sbaglia, chiedere scusa immediatamente”.

    2)”Scrivere con un linguaggio semplice, quello del lettore e non quello “dell’Accademia, peste e dannazione di una cultura”. Essere sempre al servizio del lettore”.

    3) “Non far mai sentire al lettore la propria opinione: “che te ne sia fatta qualcuna, è inevitabile; e chi lo nega, o è un imbecille o è un bugiardo. Ma non si può nè si deve imporla al lettore; bisogna lasciargliela suggerire dai fatti secondo il modo in cui gli si raccontano”.

    La prima è rispettata forse dal 5% dei giornalisti, e sono tutti di secondo e terzo piano (quelli lasciati liberi). Meglio sorvolare.
    La seconda è rispettata forse dal 50% dei giornalisti.
    La terza è la più… significativa e penso a Report, della super Gabanelli. Visto che so fare un nome solo…

  2. Bisogna separare il professionista dalla persona? Sul link di Montanelli a Wikipedia, si legge:

    “In Etiopia Montanelli, che all’epoca aveva 26 anni, ebbe una relazione di madamato con una ragazzina eritrea musulmana di 12 anni, Fatìma,[9][26] comprata da un suo emissario a Saganèiti[26] versando al padre la convenuta cifra di 500 lire; compresi nel prezzo ebbe anche un cavallo e un fucile[16].

    « Vista l’usanza degli ascari di combattere con la moglie al seguito, decisi anch’io di sposarmi. I miei uomini mi procurarono una giovane e bellissima eritrea (…) In questo modo, ogni due settimane mi ritrovavo, al pari dei miei uomini, con i panni puliti.[27] »

    Questa “madama” lo seguì per l’intera permanenza in Africa.[28] Prima del suo ritorno in Italia la cedette al generale Alessandro Pirzio Biroli, che la introdusse nel proprio piccolo harem.[26]

  3. Ciao, su Montanelli in Wikipedia c’è di peggio: « Non si sarà mai dei dominatori, se non avremo la coscienza esatta di una nostra fatale superiorità. Coi negri non si fraternizza. Non si può, non si deve. Almeno finché non si sia data loro una civiltà. »
    (Indro Montanelli, gennaio 1936, Civiltà Fascista[29])