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Il native advertising, tra comunicati stampa e pubbliredazionali

native advertising native programmatic

Il native advertising è entrato nelle grandi redazioni. Ha generato un nuovo tipo di informazione più interessante dei comunicati stampa e più corretta dei pubbliredazionali. Ma c’è chi dice no…

Il native advertising è una informazione commerciale strutturata, inserita all’interno dell’edizione, dal punto di vista grafico e dal punto di vista della linea editoriale. A differenza dell’advertising dissimulato in forma di articolo giornalistico (pubbliredazionale), scorretto e vietato, il native advertising indica chiaramente chi è l’inserzionista che sponsorizza l’articolo.
Posizionati al di fuori dei canonici spazi pubblicitari e ben inseriti a livello grafico tra gli articoli propriamente  giornalistici, il native advertising suscita reazioni negative tra molti addetti ai lavori. 
Mentre grandi editori, come il Corriere della Sera, ricorrono al native advertising per recuperare parte dell’interesse dei pubblicitari, molti giornalisti si sentono degradati dalla commistione, anche solo grafica, di contenuti giornalistici e pubblicitari. In realtà, gli editori che utilizzano il native advertising hanno l’obbligo di indicare la natura del messaggio al lettore, inserendo in testatina «sponsorizzato da» e «in partnership con». 

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Dal comunicato stampa al native advertising

Se si considera che il native advertising nasce in stile giornalistico (quindi pronto-uso), il buon vecchio comunicato stampa (quello pedante e burocratico), appare oggi uno strumento ancora più vecchio, inadatto al 99% dei casi. Anche perché il native advertising è pronto per la pubblicazione, mentre il tradizionale comunicato stampa è tutto da riscrivere a cura della redazione. 
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Dal native advertising al native programmatic

Il native advertising ha una variante Internet, contestualizzata: il native programmatic. In pratica, il native advertising compare al lettore in abbinamento alle parole-chiave dell’articolo giornalistico.
Il meccanismo è lo stesso del SEM (search engine marketing), dove gli annunci pubblicitari compaiono solo al lettore interessato. Grazie alle nuove possibilità di targeting e analisi semantica offerte dal native programmatic, infatti, gli articoli native appaiono solo ai lettori interessati al contenuto proposto dal brand (vedi foto). Su questo tipo di pubblicità hanno già scommesso Facebook con i Newsfeed e i tweet sponsorizzati di Twitter. 
A. Ruggieri – FirstMaster.com
(key-word: native advertising, 4,26%)

Link utili:
– Interactive Advertising Bureau, Iab.net – The native advertising playbook (Pdf, 20 p.)
– FirstMaster, Corso online di Comunicazione d’impresa.
– FirstMaster, Master online di Comunicazione d’impresa.

 

 

 

 

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